Allevamento Setter Gordon Dell'Aristea

E IN PRINCIPIO FU... IL GORDON (Una storia di caccia e di SETTER GORDON) - di Lucio Fabrizi


Ancora oggi, nonostante siano trascorsi quasi quarant'anni, mi torna spesso alla mente il ricordo della mia prima licenza di caccia. Avevo solo sedici anni, eppure la memoria dei fatti é così nitida che quasi mi stupisco. Risento l'ansia che provai per la paura di non riuscire a superare gli esami e il senso di smarrimento che mi tolse il sonno per giorni.
Ricordo poi l'attesa, che allora mi parve infinita, dell'arrivo dell'agognata licenza, che trascorsi tediando gli impiegati della Questura e i militi della stazione dei carabinieri di zona, perché forte era il desiderio di poter finalmente abbracciare il fucile d'occasione, che uno zio cacciatore aveva acquistato per me e che rigorosamente custodiva in casa, fuori dalla mia portata.
Ed infine, il primo colpo che sparai e, neanche a dirlo, l'incontro con il SETTER GORDON. Era una sera di settembre e mi trovavo con alcuni amici davanti a casa dei miei genitori. All'improvviso si avvicinò al nostro gruppo un cane. Si era probabilmente perso, o peggio, qualcuno lo aveva abbandonato. I nostri sguardi si incontrarono, poi con l'incoscienza dei diciassette anni, lo presi e lo chiusi nel mio garage. Giuro che non ricordo nulla del film che andammo a vedere, perché era tanta la voglia di tornare a casa per osservare meglio, alla luce della lampada, quel cane che mi era parso da caccia e che si rivelò, con mia sorpresa, un "vero" SETTER GORDON. Un amico del gruppo, da noi ritenuto un "intellettuale" perché pronipote di un importante poeta dell'Ottocento, fissandolo negli occhi sentenzio: "Non mi intendo di razze canine, ma questo ha un aria nobile e fiera, degna di un aristocratico inglese". Da qui a chiamarlo Lord il passo fu breve. Su pressione dei miei parenti denunciai il ritrovamento, trascorrendo le successive giornate in angoscia, nell'attesa che i carabinieri mi chiamassero per restituire al legittimo proprietario il cane, ma per fortuna nessuno lo reclamò e così, per i successivi dieci anni, quel SETTER GORDON divenne il "mio" Lord. Da allora ho sempre posseduto un setter scozzese, con il quale ho trascorso, e se Dio vorrá, trascorrerò le mie future giornate di caccia e, tra questi, ce n'é stato sempre uno al quale ho dato il nome di Lord.
Ma bando ai ricordi, che cosa posso dire della mia esperienza a fianco del SETTER GORDON? Chiedermelo é come domandare a un padre che cosa pensa dei propri figli. Come si dice, vado in confusione, tante sarebbero le cose da dire, come quella volta che, alcuni anni fa, mi trovai ospite a pranzo in una casa di caccia, e incontrai un amico, di professione giornalista, che salutandomi disse: "Ecco il gordonista!" E tra l'irriverente e la deformazione professionale mi domandò:
"Ma tu ci credi davvero nel gordon? Perché non me ne parli, magari convinci pure me!" Quella domanda mi prese talmente alla sprovvista che, pur avendo tante cose da dire, bloccato dall'entusiasmo, finìì per non rispondere, finchè fui circondato dagli altri invitati che, tra una battuta e una pacca di commiserazione, mi esortarono ad andare a pranzo. Trascorsero un paio di anni e durante una battuta di caccia, ritrovai l'amico giornalista. La cacciata fu preceduta da un piccolo sermone recitato da un prete, al quale tutti assistemmo in silenzio. Ricordo, in particolare, l'espressione commossa sul viso del giornalista che, da uomo sensibile quale egli è, sentiva forse più degli altri l'emozione del momento. Iniziò la battuta ed io capitai in squadra con lui. Ci fermammo ancora un poco ad ammirare un'alba sconvolgente, mentre i miei GORDON avevano iniziato a battere con aviditá la macchia. Allora, ricordando la domanda che mi aveva posto due anni prima, gli chiesi: "Tu riusciresti a spiegarmi quest'alba?" Sorrise e rimase in silenzio un istante, poi mi disse: "Ora capisco perchè il GORDON non è un cane per tutti!"
E ridendo ci avviammo a godere una bella giornata di caccia. Forse sarò troppo romantico, ma dopo tanti anni trascorsi accanto al GORDON ho imparato che questo cane deve essere, prima di tutto, amato e che è un errore considerare i suoi 65 centimetri al garrese un handicap di caccia. È da superficiali pensare che una ferma nel quadrato sia meno elegante di quella di altri cani che stanno nel rettangolo e soprattutto che possedere un mantello nero sia controproducente nelle calde giornate estive. Ho imparato a sorridere delle dicerie che lo vorrebbero più lento di altre razze, ma soprattutto ho capito che devo fidarmi di lui, lasciandogli spesso la scelta su come impostare la cacciata, certo del fatto che sa capire dove possa nascondersi la selvaggina. Il GORDON mi ha dimostrato, inoltre, cosa voglia dire recuperare selvaggina irrecuperabile per altri cani, non una pallina colorata lanciata nel giardino, e che la ferma per lui non è un atteggiamento da cronometrare, ma che, secondo la circostanza, si trasforma in una guidata equilibrata e sicura.
Con lui ho imparato a condividere la caccia con un compagno affidabile che sa completare nel migliore dei modi ogni azione venatoria. Dai suoi occhi traspaiono sentimenti di lealtá, stima, fiducia e rispetto, senza mezzi termini, nè compromessi.
Potrei andare avanti all'infinito nell'elencare pregi e virtù di questa razza; per concludere posso affermare che il suo vero punto di forza è l'intelligenza, grazie alla quale sarò sempre sicuro di avere accanto un ottimo compagno e, ciò che più conta, un ideale ausiliare per la caccia.
   

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